Delicatessen: L’impasse della (non)Maturità Italiota
Prof. Cristiano Turriziani
Diciamolo con franchezza.
Da che Italia è tale – tolto qualche sporadico tentativo azzardato da qualcuno avanti più con la materia grigia che con gli anni - che non è detto poi facciano per forza l’esperienza- il vizio di forma di salvare la cravatta e di lasciarsi le ascelle puzzolenti è tipico del costume italiano.
Senza andare sempre a infilare l’ormai eroso dito in una piaga che è sempre più voraginosa né scomodare reiterati tentativi storico-politici degni del “Francia e Spagna purché se magna “ nell’ambito delle riforme la nostra amata terra non è mai stata un granché.
Forse perché, memori di un passato tanto glorioso quanto distante relativo alla storia dell’ Ipero Romano, ci siamo portati dietro del medesimo il blasone lasciando le proprietà e nel nostro DNA si è secolarmente radicata l’idea delle res novae come parte negativa sia per il vecchio scettro sia per l’aspersorio o la mitra Papalina.
E quindi seguendo le falsissime orme di chi ci ha preceduto, abbiamo pensato che la cosa giusta da farsi ( e questo soprattutto in ambito culturale e scolastico in senso lato ) fosse quella di “cambiare tutto purchè tutto rimanga immutato”.
E si è ragionato e si ragiona sempre più in merito a contenitori avulsi da qual si voglia contenuto.
Apprendo oggi – come tanti altri e mio malgrado tra una buriana nevosa e continue scosse che al di la di tutto mi ricordano come i miei i piedi poggino sicuri sulle palafitte 3.0, - dal sito tigicom la risultante notizia :” Alla Maturità 2018 si potrà essere ammessi con la media del 6. Non sarà quindi richiesta la sufficienza in tutte le materie come avviene ora. E' quanto prevede lo schema del decreto sugli esami di stato arrivato sul tavolo dei parlamentari. Tra gli altri requisiti necessari per accedere all'esame, la partecipazione alle prove Invalsi, lo svolgimento dell'alternanza scuola-lavoro, la frequenza per almeno tre quarti del monte ore annuale. “[1]
Non provo ovviamente senso di menzognero stupore e mi bastano due battute per declinare una discussione iniziata su di un profilo di una mia amica nonchè collega della scuola pubblica; e mentre cerco di esporre le miei ragioni su una riforma nata con grave handicap non per forza diversamente abile, mi sovviene alla memoria un piccolo saggio fattomi conoscere da un carissimo amico studioso dell’ opera e pensiero di Croce.
Lo pubblicava nell’ ormai remoto 1921 in concomitanza con quella che sarà LA riforma della cosiddetta scuola “fascistissima” e contenutisticamente (s)corretta - probabilmente - che in me leggendola ha destato diverse perplessità nei confronti di quel fascismo che –come affermava nell'opera“ La Lezione " Roland Barthes " è obbligo del linguaggio non di non dire, ma di dire forzatamente quale condizione esistenziale[2] .
Il titolo dell’ opera raccolta dal Prof. Lombardo Radice ha come titolo “ Le riforme degli esami e la sistemazione delle scuole medie “(relazioni al parlamento);sembra un libro di quelli che ancora devono venire considerata l’attuale situazione nella quale la buona scuola di Renzi ( con o senza hastag ) ma ancor prima i tentativi di stucco o trucco e parrucco fatti dalla Gelmini e dalla Moratti partendo diciamo da lo stesso Ministro Giovanni Galloni ( ancor prima Zecchino ) e da quel tentativo vanificatosi nel nulla più assoluto e che “ tanti lutti alla scuola pubblica e al regime Universitario addusse” che fu il metodo Brocca per una scuola o meglio sezioni sperimentali di preparazione alla vita lavorativa e tirocini troppo avanti con mezzi che realisticamente risalivano alle colonie di Abissinia o che erano gestiti ( fu anche il mio caso) da docenti inadatti o non adeguatamente formati. Tralasciando polemiche sterili e di facile attrito - a mio avviso - avere la possibilità di confrontarsi con un mobile in noce in un epoca in cui i più buoni sono in tek e il mondo è in compensato, è necessariamente obbligatorio.
Scorrendo le pagine si potrà notare di come- se la storia della cultura in questo Paese fosse stata almeno indirizzata da pensatori proiettati dentro i problemi reali e concreti che la parola detiene, prima ancora del che cosa si vuole insegnare, probabilmente non ci troveremo oggi nella situazione di avere una ignoranza galoppante e presente nei più svariati settori del vivere quotidiano unitamente ad una scuola che cambia pelo ma non vizio; rinnega ancora una volta la preparazione ed esalta quello che fu il reiterato fallimento storico del “ sei politico sessantottino” che tanta gente o meglio, tanti accessori ha messo in cattedra così come ai vertici del potere.
Dunque la meraviglia non sarebbe nel sei politico ma nella eliminazione di un concorso a premi la cui finalità non è di certo quella di dare- a fine prova – patente nautica o equestre come è e continua ad essere considerata la Maturità; occorrerebbe – a nostro modesto avviso - comprendere attraverso veri corsi di specializzazione chi è la “maestranza che mandiamo a diffondere e conservare nella sua evoluzione un sapere “ e che cosa sono per uno studente cinque anni di liceo o Istituto tecnico. Che cosa sviluppa, che cosa impara e come lo riesce a trasformarlo rendendolo utile nell'ambito del suo lavoro e all'interno della società.
Sembrano punti ovvi e basilari ma se non iniziamo davvero a ragionare, passo dopo passo, sulla reale possibilità e capacità del territorio di costruire avremo ben presto terremoti molto più disastrosi di quelli a cui fisicamente siamo costretti ad assistere.
Nella sua opera Croce non fa mai menzione alla “selezione capi bestiame “ ma altresì considera lo studente non come un “ questo o quel qualcosa “ ma una risorsa in fieri necessaria alla esistenza della scuola stessa. Insomma un rapporto di crescita collaborativa dove i ruoli sono ben definiti ma tendono a fondersi in un concetto quasi Confuciano molto interessante del " non c'è chi cade bensì esiste un mondo che si aiuta a rialzarsi ".
Non dobbiamo poi andare così troppo lontano nel tempo per accorgerci che la pedagogia di uno stesso De Amiciis o di un Lombardo Radice ( nomi altisonanti che oramai sembrano campeggiare solo come nomi di viuzze datosi che gli stessi Istituti Comprensivi si preferisce chiamarli con la numerazione araba ) lo ha messo in evidenza; trascrivendola decodificandone i conteniti reali e applicandola alla quotidianità in un Italia sicuramente più analfabeta,ma nel piccolo più preparata di quella di oggi che nasce e si perpetra grazie ad un analfabetismo di regime !
[1] Fonte http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/nuova-maturita-per-l-ammissione-bastera-la-media-del-6_3051774-201702a.shtml
[2] “ […] la lingua non è né reazionaria nè progressista: essa è semplicemente fascista; il fascismo infatti non è impedire di dire, ma obbligare a dire.” R.Barthes,La Lezione, il punto sulla semiotica letteraria, Einaudi, 1981,Nuovo Politecnico 123