Arena di Verona come il Maggio, avanti con i licenziamenti.
Spedite le lettere ai ballerini dell'Arena. Il Corpo di Ballo muore per risparmiare 300 mila euro, ma Arena Extra e Museo AMO che hanno creato i debiti, sopravvivono!! ..e le istituzioni in silenzio restano a guardare.
Ricordiamo come la procedura di licenziamento collettivo per gli attuali 28 lavoratori si fosse aperta a seguito del fallimento di una medesima precedente procedura aperta secondo le linee dettate dalla Legge 112/2013(cosiddetta "Bray"), e che aveva interessato anche allora una trentina di lavoratori del teatro.
I lavoratori allora messi in mobilità avevano difatti vinto il ricorso di impugnazione del licenziamento a causa dell'errata applicazione da parte dell'azienda dei criteri di scelta dei lavoratori imposti per legge, ottenendo per questo il reintegro al proprio posto di lavoro.
Così, la Fondazione del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, dopo un esborso per indennizzi, rimborsi e spese legali dovute al fallimento della prima procedura, che hanno ulteriormente aggravato la situazione economica del Teatro, e per il quale fallimento nessun responsabile ha pagato per i propri errori, ha riaperto una nuova procedura di licenziamento per gli attuali 28 lavoratori dichiarati in esubero. Scadrebbe il 22 gennaio prossimo il termine della trattativa tra sindacati e direzione per trovare un'accordo per evitare i licenziamenti, e nonostante le parole del Sovrintendente Bianchisembrano lasciar poche speranze, può sempre avvenire qualche miracolo, magari con l'interessamento di qualche istituzione, così come avvenuto a Bari.
A Verona invece, dove il debito comunque rimane la metà di quello del Maggio, sono già partite le lettere di licenziamento per i componenti del Corpo di Ballo della Fondazione Arena (vedi art. de l'Arena). Per essi la trattativa sindacale si era già conclusa ancora il 30 dicembre scorso, davanti al funzionario della Provincia del Veneto e senza un accordo tra le parti per evitarne i licenziamenti.
La procedura di licenziamento collettivo per i 21 ballerini stabili della Fondazione Arena si aperta ancora a fine settembre, dopo la stagione estiva, in seguito al commissariamento del Teatro e delle disposizioni previste dal Piano di risanamento firmato "Fuortes", predisposto per consentire all'Arena l'accesso ai benefici economici della "Bray", piano che prevedeva nei suoi interventi di azione proprio la dismissione del settore ballo.
Ricordiamo come la Legge 112/2013, la quale prende il nome dal suo promotore, l'allora Ministro dello Spettacolo Massimo Bray, vide la luce nel 2013 per consentire il salvataggio di quelle Fondazioni Lirico Sinfoniche che fossero in grave difficoltà economica. Questo attraverso un fondo di rotazione opportunamente istituito e finanziato dal quale i Teatri avrebbero potuto ricevere finanziamenti a tasso agevolato e restituibili in 30 anni, a fronte della predisposizione di un piano industriale di risanamento che operasse secondo direttrici di azione previste all'interno della stessa legge.
Nel 2013, nonostante la Fondazione Arena avesse già accumulato debiti per circa 13 milioni di euro (vedi bilancio 2013), l'allora direzione non ritenne necessario ricorrere ai benefici della Legge "Bray".
Solo nel dicembre del 2016 il Cdi del Teatro presieduto dall'allora presidente di Fondazione, il sindaco di Verona Flavio Tosi, aveva chiesto l'adesione alla "Bray", quando, dopo esser venuta allo scoperto una situazione debitoria di quasi 30 milioni di euro, i politici dei gruppi parlamentari veronesi avevano presentando una mozione al governo per riaprire i termini della "Bray" ormai decaduta, ottenendone un rifinanziamento per salvare l'Arena o forse i suoi amministratori.
Ricordiamo come il deficit della Fondazione Arena fosse passato in soli 8 anni, cioè dal 2008 al 2015, durante tutto il periodo della gestione Tosi/Girondini precedente al commissariamento "Fuortes", da 11 milioni di euro ai quasi 30 milioni. Questo nonostante ancora nel giugno del 2015 il Presidente di Fondazione Arena e sindaco Tosi dichiarasse come lo stato economico della Fondazione Arena godesse di ottima salute, tanto da far dichiarare come lo stesso sovrintendente Girondini da lui nominato, poi commissariato, meritasse il premio Nobel per l'Economia.
In quegli stessi anni nasceva Arena Extra srl, società di cui amministratore unico in pieno conflitto di interessi, su cui tra l'altro starebbe indagando l'antitrust, lo stesso Girondini. Arena Extra veniva creata per occuparsi dell'organizzazione degli eventi extra-lirica in Arena, fino ad allora gestiti direttamente dal Comune di Verona.
Di questa società già tanto si è detto. Nasce come partecipata al 100% della Fondazione Arena con lo scopo di finanziare l'attività teatrale istituzionale con i proventi dagli spettacoli di musica pop. Di essa non si è mai chiarito quali benefici o meno abbia portato alle casse del Teatro, questo nonostante gruppi politici comunali abbiano fatto richiesta di accesso agli atti finanziari, richiesta peraltro bocciata dal Tribunale Amministrativo Regionale. I propri bilanci sono e rimangono oscuri. Solo dai bilanci della Fondazione Arena si conosce come, nel 2013, Arena Extra srl abbia acquisito dalla Fondazione un cosiddetto ramo aziendale costituito da costumi, bozzetti e scenografie, per un patrimonio totale stimato di 12 milioni di euro. Tale cifra, scritta in bilancio della Fondazione, avrebbe consentito nello stesso anno la chiusura dello stesso in positivo, comportando tra l'altro la corresponsione del bonus di 50 mila euro allo stesso Sovrintendente Girondini, importo pattuito come da contratto per il raggiungimento del risultato di equilibrio finanziario e in aggiunta ai 200 mila all'anno di ingaggio.
Peccato che quei 12 milioni di euro non siano mai arrivati nelle casse di Fondazione Arena data la loro inesigibilità a causa dell'indisponibilità di tale cifra nelle casse stesse di Arena Extra srl. Lo stesso sovrintendente avrebbe definito questa una operazione del tutto legale anche se di "finanza creativa". Per noi una vera beffa ai danni della Fondazione Arena.
Sempre negli stessi anni, sempre sotto l'amministrazione Tosi/Girondini, nasce anche il Museo AMO (Arena Museo Opera). Il Museo verrà allestito all'interno di Palazzo Forti, un palazzo storico prima appartenente alla città di Verona e ceduto sotto l'amministrazione Tosi a Fondazione Cariverona per compensare debiti bancari dello stesso Comune di Verona.
All'interno del Palazzo veniva così istituita nel 2013, con il patrocinio dello stesso Comune di Verona, la mostra permanente dell'Opera in Arena. L'operazione veniva peraltro finanziata impiegando diversamente fondi governativi extra FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) allora destinati dal Ministero per la programmazione artistica di carattere eccezionale prevista per le celebrazioni del centenario dell'Opera in Arena e per le quali la stessa Arena aveva richiesto finanziamenti speciali. Alla Fine tali finanziamenti non andarono per la produzione artistica ma per il finanziamento del Museo AMO.
Il canone di locazione del Palazzo, pagato alla proprietaria Fondazione Cariverona, si pensa sia stato scaricato sulla Fondazione Arena al fine di saldare i debiti rimanenti con l'istituto bancario stesso ed appartenenti al Comune. Anche l'allestimento del Museo risulteranno a carico della Fondazione Arena stessa, mentre Arena Extra sfrutterà gli spazzi dello stesso Palazzo Forti, sede del museo, per l'allestimento di mostre temporanee di diversa natura.
Tale operazione comporterà, a fronte di un esiguo risultato di affluenza di pubblico, un aggravio del debito della Fondazione Arena per circa un altro milione di euro all'anno tra affitto (450 mila euro l'anno) e costi di gestione dell'esposizione permanente. In soli cinque anni di vita, dal 2013 al 2015, significherà 5 milioni di perdita ulteriori per Fondazione Arena.
E' facile quindi intuire come abbia fatto la Fondazione Arena a passare in così pochi anni da 11 milioni di debito agli attuali 28,6 milioni dichiarati dal Piano di Risanamento.
A questo poi va aggiunta una progressiva disaffezione del pubblico che negli anni ha sempre più dissertato l'Arena per indirizzarsi verso le mete e far la fortuna di altri festival operistici, quali Salisburgo, Torre del Lago, Macerata, Caracalla, Bregenz.
Un progressivo deterioramento della qualità artistica degli spettacoli, sempre più improvvisati direttamente in scena, dato anche il poco spazio lasciato per le prove dagli eventi extra-lirica, divenuti nell'ultima stagione oramai quasi pari al melodramma per numero di serate.
La qualità decrescente dei cast degli artisti ospiti, da anni sempre di meno richiamo per i melomani incalliti.
La mancanza di un rinnovo dell'offerta artistica data la ripetitività di titoli mantenuti in cartellone anche per 20 anni di seguito che, pur di successo, ormai esausti di interesse da parte del pubblico.
La tendenza da anni alla presentazione di allestimenti e cast degli artisti del Festival Estivo in Arena con inconcepibile ritardo e solo a ridosso della stagione operistica stessa. Questo quando, un evento che per l'80% dovrebbe vivere sulle prevendite, i giochi risulterebbero già fatti, poichè nessuno acquisterebbe preventivamente un biglietto per uno spettacolo per il quale non si conoscano ancora cast di artisti, allestimenti o direzione.
Queste le cause della crisi di identità artistica dell'Arena che hanno fatto scappare il pubblico, passato dagli oltre 500 mila spettatori dei primi anni 2000 a sotto i 400 mila dell'ultima stagione, per una copertura media del solo 50% dei posti disponibili a fronte del 90% del Festival di Salisburgo.
Operazioni finanziarie sbagliate, clientelari e ai limiti della legalità, create forse a danno della stessa Fondazione, gestioni artistiche incapaci di operare al fine di favorire l'afflusso del grande pubblico ed un marketing assolutamente non all'altezza di quello che dovrebbe essere il Teatro di lirica all'aperto più famoso al mondo, non lasciano dubbi su nomi e cognomi di chi dovrebbe assumersi le proprie responsabilità per il declino finanziario ed artistico in cui sia stata condotta negli anni la Fondazione Arena di Verona.
Ad essi andrebbero aggiunte tutte le istituzioni politiche, amministrative ed economiche locali, che, pur potendo beneficiare su un indotto spalmato sul territorio della provincia stimato di oltre 400 milioni di euro all'anno generato proprio dal movimento turistico che si crea ogni anno intorno all'attività teatrale dell'Arena, non hanno mai sostenuto adeguatamente il Teatro rispetto a quanto beneficiato dalla sua stessa attività.
Nonostante siano chiare motivazioni e responsabilità del declino del Teatro, oggi a pagare sembrano essere principalmente ed esclusivamente gli unici ad aver, se mai ne avessero, una minima parte di responsabilità in tutto questo: i lavoratori.
In primis i tersicorei stabili del Corpo di Ballo della Fondazione Arena, per i quali si sono aperte le porte del licenziamento attraverso la procedura di licenziamento collettivo ai sensi della legge 223/91, per effetto della cessazione dell'attività del settore e in conseguenza di una cancellazione della programmazione di balletto all'interno dell'offerta artistica della stessa Fondazione Arena.
Tutto questo per un risparmio preventivato a bilancio, così come è contenuto all'interno del Piano di Risanamento siglato "Fuortes", di ben 300 mila euro all'anno.
Una goccia in un mare di milioni di euro accumulati in anni di gestione inefficiente e fallimentare.